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"Spese di rappresentanza" dei politici

Quando si parla del guadagno dei deputati, capita di imbattersi nella dicitura "Spese di rappresentanza". Ma di cosa si tratta? Le spese dei deputati sono tante ed è giusto così. Viaggi istituzionali e impegni di partito sono obblighi verso i cittadini a cui non ci si può sottrarre. Ma non tutte le spese sono tali in quanto molte ricadono in spese personali.
Vediamo cosa dice la legge e la giurisprudenza.
Il Ministero dell’economia e delle finanze, ai fini della relativa trasmissione alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti ai sensi dell’art. 16, comma 26, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla l. 14 settembre 2011, n. 148 – individua come spese di rappresentanza quelle che rispondono ai seguenti principi e criteri generali:
-    stretta correlazione con le finalità istituzionali dell’ente;
-   sussistenza di elementi che richiedano una proiezione esterna delle attività dell’ente per il migliore perseguimento dei propri fini istituzionali;
-   rigorosa motivazione con riferimento allo specifico interesse istituzionale perseguito, alla dimostrazione del rapporto tra l’attività dell’ente e la spesa erogata, nonché alla qualificazione del soggetto destinatario dell’occasione della spesa;
-    rispondenza a criteri di ragionevolezza e di congruità rispetto ai fini.
Si parla di organi, ma i principi possono ben estendersi agli eletti. Sembra evidente che  le spese di rappresentanza sono quelle spese relative all'attività del deputato ma che hanno una manifestazione al di fuori dell'assemblea nella quale è stato eletto. Ad esempio, possono essere spesa di rappresentanza quelle riguardanti un convegno su un progetto di legge presentato dal deputato stesso. Mentre, ipotizzo per assurdo, non può essere classificata come tale quella relativa ad un regalo di matrimonio ad un proprio elettore.
Ma andiamo più a fondo.
Secondo la Corte dei Conti dell'Emilia Romagna (sentenza del 2011) si devono rispettare certi principi: 1. Scopo promozionale. Già dalla definizione delle spese di rappresentanza, quali spese effettuate allo scopo di promuovere l’immagine o l’azione dell’ente pubblico, è possibile ricavare il loro principale requisito: lo scopo, appunto, di promozione dell’immagine o dell’attività dell’ente. Ne consegue che tutte le spese effettuate non a fini promozionali (es. spese di ristoro a beneficio degli organi collegiali dell’ente, in occasione delle riunioni istituzionali dello stesso), oppure aventi lo scopo di promuovere non tanto l’ente, quanto i singoli amministratori, non rientrano in tale categoria (è il caso degli opuscoli informativi finalizzati più a fornire un’immagine positiva del Sindaco, che a pubblicizzare l’attività dell’ente o i servizi offerti alla cittadinanza, in quanto piuttosto connessi con l’attività politica). 8 Corte dei conti – Sezione Regionale di Controllo per l’Emilia-Romagna - Esame delle spese di rappresentanza sostenute dagli enti locali dell’ Emilia Romagna nell’anno 2011 3.2 Inerenza ai fini istituzionali Le spese di rappresentanza devono necessariamente inerire ai fini istituzionali dell’ente pubblico, in quanto, in caso contrario, non sarebbero in ogni caso giustificate e, se sostenute, integrerebbero un danno all’erario.

La stretta correlazione prescritta tra spesa e attività istituzionale toglie ogni dubbio al riguardo.

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